Una bottiglia di plastica contro il dolore: è più potente di qualsiasi antidolorifico della farmacia | Incredibile, ma funziona davvero
Bottiglie di plastica antidolorifico (Canva foto) - www.biomedicalcue.it
La soluzione al dolore potrebbe trovarsi dove meno ce l’aspettiamo: in un oggetto che gettiamo ogni giorno, senza pensarci due volte.
Non ci facciamo quasi più caso. Apriamo una bottiglia, beviamo, la schiacciamo e la buttiamo. Eppure, proprio in quella plastica trasparente e leggera si nasconde un potenziale sorprendente. La sua storia non finisce nella raccolta differenziata: potrebbe ricominciare in laboratorio, trasformandosi in qualcosa che ha a che fare con la salute e il benessere.
Negli ultimi anni la scienza ha dimostrato di saper reinventare ciò che sembrava inutile. Ma immaginare che da una bottiglia possa nascere un farmaco, e non uno qualsiasi, lascia spazio allo stupore.
È un’idea che sembra uscita da un film di fantascienza, eppure sempre più vicina alla realtà grazie alla biochimica.
Dietro a questo possibile cambiamento c’è un protagonista inaspettato: un batterio. Minuscolo, silenzioso, ma potentissimo. Lo conosciamo per motivi ben diversi, ma oggi potrebbe rivelarsi un alleato. In una manciata di cellule viventi, la plastica si decompone, si ricompone e cambia funzione. Il risultato? Qualcosa che allevia il dolore.
Un batterio che trasforma la plastica in paracetamolo
Gli scienziati dell’Università di Edimburgo hanno pubblicato uno studio sulla rivista Nature Chemistry che potrebbe aprire una nuova strada nella lotta contro l’inquinamento e a favore della medicina. Hanno scoperto che l’Escherichia coli, un batterio già noto agli scienziati, è capace di trasformare una molecola ottenuta da bottiglie di plastica in paracetamolo, il principio attivo di molti antidolorifici.
Come spiega anche AGI, il processo parte da una bottiglia di plastica in PET, che viene scomposta chimicamente per ottenere la molecola di base. A questo punto entra in gioco il batterio, che attraverso una reazione chiamata riarrangiamento di Lossen, rielabora la molecola trasformandola in un composto utile alla sintesi del farmaco. Il tutto avviene all’interno delle cellule vive, in modo naturale e con una resa altissima.
Dal laboratorio al futuro delle cure
Quello che colpisce è che questo metodo non solo riduce i rifiuti, ma potrebbe un giorno produrre farmaci direttamente da materiali di scarto. La resa del 92% ottenuta nello studio dimostra che il sistema funziona e potrebbe essere replicato. Non è solo una novità scientifica, è una possibilità concreta per ripensare sia il riciclo che la produzione farmaceutica.
Gli esperti sottolineano che si tratta di un primo passo e che serviranno altri studi per capire se anche altri batteri potranno essere utilizzati per produrre molecole simili. Ma intanto, la direzione è chiara: una bottiglia, un batterio, un farmaco. Tre elementi che potrebbero rivoluzionare il modo in cui affrontiamo dolore e inquinamento insieme.