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Suonare uno strumento in tarda età può rallentare l’invecchiamento del cervello, dicono gli scienziati

Imparare a suonare dopo i 60 anni può contrastare il declino mentale: lo studio dell’Università di Exeter su BBC Science Focus. 

Esiste una melodia che non si coglie con le orecchie e con l’udito, bensì si avverte nel flusso dei nostri pensieri, nel ricordo che affiora, nella vivacità seppur offuscata della mente. È la musica che creiamo attivamente, non quella che ci capita distrattamente di ascoltare, e che, stando a quanto ci dice la scienza, potrebbe contribuire a preservare la salute del nostro cervello anche in età avanzata.

Quando si pensa che il cervello abbia ormai perso la sua capacità di adattamento, imparare a suonare uno strumento si rivelerebbe un mezzo utile a mantenere la mente giovane.

Lo studio recentemente pubblicato su BBC Science Focus riporta le conclusioni di una ricerca condotta dall’Università di Exeter e dal King’s College di Londra. E si focalizza proprio su questo punto. L’indagine, che ha coinvolto più di mille persone, ha evidenziato che dedicarsi alla musica in età adulta, anche senza aver mai suonato prima, può avere effetti positivi sul funzionamento del cervello.

La scoperta più interessante è che chi inizia a suonare dopo i 60 anni dimostrerebbe maggiore prontezza mentale, memoria più solida e migliore capacità di concentrazione. Un dato che sorprende in quanto smentisce l’idea che la musica sia efficace solo se studiata in giovane età; in realtà, l’atto stesso di imparare la musica – leggerla, coordinare i movimenti del solfeggio, ascoltare e correggere l’armonia– attiva aree del cervello che lo mantengono attivo.

Dalla musica alla flessibilità cerebrale

Stando a quanto riportano lo studio e la BBC, i ricercatori hanno valutato la salute mentale di partenza dei partecipanti tramite test cognitivi standard e questionari. È emerso che chi aveva iniziato a suonare otteneva risultati migliori in termini di performance cerebrale rispetto a chi, pur avendo uno stile di vita stimolante, non si dedicava alla musica. La musica, quindi, non è solo un passatempo piacevole, ma una vera e propria fonte di stimolazione per il cervello in quest’età così delicata.

Il segreto di questo effetto benefico, stando alle fonti, sarebbe la neuroplasticità, ovvero quella capacità del cervello di modificare l’entità delle proprie connessioni. Apprendere nuove abilità – soprattutto quelle complesse per abilità e nozioni, come la musica – spinge il cervello a creare nuove reti e stimoli, migliorando la sua flessibilità.

Utile per la mente (canva.com) – www.biomedicalcue.it

Più musica, meno rischio di demenza?

Anche se lo studio non dimostra un effetto diretto contro malattie come l’Alzheimer, i risultati suggeriscono che la musica potrebbe essere un importante fattore di protezione (cosa non di poco conto). In un momento storico in cui l’invecchiamento della popolazione rappresenta una grande sfida per la sanità pubblica, questi strumenti potrebbero offrire soluzioni forse più economiche e accessibili per preservare il benessere mentale.

I ricercatori precisano che non è necessario diventare dei virtuosi: anche imparare melodie semplici, suonare per pochi minuti al giorno o provare nuovi strumenti può fare bene. La musica, quindi, è uno strumento per la salute di tutti, oltre che un modo per esprimersi.

Published by
Serena Mancusi