Man with rash suffering from monkeypox virus on light blue background, closeup
Un team internazionale ha scoperto, grazie all’intelligenza artificiale, una nuova vulnerabilità nel virus del vaiolo delle scimmie.
Una proteina finora trascurata, OPG153, capace di generare una potente risposta immunitaria. Questa scoperta potrebbe rivoluzionare i futuri vaccini contro mpox e smallpox, rendendoli più semplici, economici e mirati.
L’impiego dell’intelligenza artificiale nella ricerca biomedica sta producendo risultati sempre più incisivi, specie nel campo dell’immunologia virale. Un recente studio pubblicato su Science Translational Medicine ha portato alla luce un potenziale punto debole nel virus MPXV (Monkeypox Virus), grazie all’utilizzo di modelli predittivi basati su deep learning. Il bersaglio identificato, denominato OPG153, è una proteina di superficie precedentemente ignorata nei protocolli vaccinali tradizionali.
La ricerca è stata condotta da un consorzio guidato dalla University of Texas at Austin in collaborazione con la Fondazione Biotecnopolo di Siena. I risultati preclinici hanno mostrato che OPG153 è in grado di stimolare una risposta anticorpale protettiva nei modelli murini, aprendo nuove strade per lo sviluppo di vaccini e terapie anticorpali contro il virus.
Il vaiolo delle scimmie è un’infezione virale zoonotica causata da un Orthopoxvirus, parente stretto del virus del vaiolo umano (Variola). L’epidemia globale del 2022 ha dimostrato la capacità del virus di diffondersi anche al di fuori dei bacini endemici, con oltre 150.000 casi segnalati e quasi 500 decessi.
Le manifestazioni cliniche includono:
Attualmente, le strategie vaccinali si basano su derivati attenuati del virus del vaiolo, come il vaccino MVA-BN (Modified Vaccinia Ankara), la cui produzione richiede linee cellulari specializzate e infrastrutture BSL-3, con costi e tempi elevati. È in questo contesto che il lavoro del team texano assume un valore strategico.
Il gruppo coordinato da Jason McLellan, professore di bioscienze molecolari alla UT Austin, ha adottato un paradigma noto come reverse vaccinology. Partendo dal sangue di pazienti guariti da mpox o precedentemente vaccinati, sono stati isolati 12 anticorpi monoclonali neutralizzanti.
Il passo successivo è consistito nell’identificare quale proteina virale fungesse da antigene per questi anticorpi. Considerando che MPXV esprime oltre 30 proteine di superficie, era necessario individuare quella responsabile della neutralizzazione.
Per decifrare la corrispondenza tra anticorpi e proteine virali, il team ha utilizzato il modello AI AlphaFold 3, sviluppato da DeepMind. Questo strumento ha previsto, con elevata affidabilità strutturale, che la proteina OPG153 fosse il sito di legame preferenziale per due anticorpi chiave: 08E11 e 12I12.
Test biochimici successivi hanno confermato l’interazione, dimostrando che OPG153 è un epitopo neutralizzante, cioè un dominio del virus capace di stimolare anticorpi protettivi. Fino a questo momento, la proteina non era mai stata considerata né per vaccini né per immunoterapia.
OPG153 è una glicoproteina transmembrana espressa sulla superficie del virione MPXV. Presenta:
Queste caratteristiche rendono OPG153 un target ideale per strategie vaccinali di nuova generazione.
Il team ha prodotto una versione ricombinante di OPG153, esprimendola in sistemi eucariotici per preservarne la conformazione nativa. Nei test in vivo, i topi immunizzati con OPG153 e adiuvanti appropriati hanno sviluppato alti titoli di anticorpi neutralizzanti, comparabili a quelli osservati nei soggetti guariti.
Questo suggerisce che OPG153 possa fungere da antigene subunità in formulazioni vaccinali più semplici da produrre e potenzialmente più sicure, in quanto prive di virus replicanti.
I risultati ottenuti aprono la strada a formulazioni alternative ai vaccini attualmente approvati. I principali vantaggi offerti da una piattaforma basata su OPG153 sono:
Parallelamente allo sviluppo vaccinale, il team italiano guidato da Rino Rappuoli ed Emanuele Andreano ha isolato anticorpi completamente umani diretti contro OPG153. Questi anticorpi sono candidati promettenti per terapie post-esposizione o per pazienti ad alto rischio, sulla scia delle strategie già adottate per COVID-19 e Ebola.
La Fondazione Biotecnopolo ha già depositato brevetti per l’uso terapeutico di questi anticorpi, mentre l’Università del Texas ha protetto l’uso di OPG153 come antigene vaccinale.
Poiché MPXV e Variola condividono un’elevata omologia genomica, è possibile che OPG153 (o il suo omologo nel virus del vaiolo) possa diventare un target anche per la prevenzione o terapia del vaiolo umano. Questa prospettiva è particolarmente rilevante in un’epoca in cui il rischio bioterroristico impone la preparazione a minacce virali storicamente eradicate ma ancora presenti in campioni di laboratorio.
I prossimi passi del progetto includono:
Il lavoro è stato finanziato in parte dalla Welch Foundation, e ha coinvolto anche ricercatori come Emily Rundlet, Ling Zhou e Connor Mullins.
L’identificazione di OPG153 come antigene chiave per MPXV segna un punto di svolta nella progettazione vaccinale moderna. Questo studio dimostra come l’integrazione tra dati clinici, tecnologie di intelligenza artificiale e biologia strutturale possa accelerare la scoperta di bersagli terapeutici finora nascosti.
Se validato anche nell’uomo, questo approccio potrebbe essere applicato ad altri virus emergenti e riemergenti, contribuendo a una risposta più rapida e mirata alle future crisi sanitarie globali