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Scoperta una molecola che potrebbe bloccare il Parkinson alla radice

Illustrazione di una persona mentre cerca di bere dell'acqua (Canva FOTO) - biomedicalcue.it

Illustrazione di una persona mentre cerca di bere dell'acqua (Canva FOTO) - biomedicalcue.it

Grazie ad una nuova molecola, sarebbe possibile fermare il Parkinson sul nascere. E’ uno studio molto innovativo!

Ogni anno milioni di persone si confrontano con una diagnosi che spaventa: il morbo di Parkinson. È una malattia che avanza lentamente, erodendo i movimenti, la coordinazione e, in parte, anche la fiducia in sé. Finora la scienza si è concentrata soprattutto sul trattare i sintomi, non sulla causa profonda della malattia. Ma uno studio dell’Università di Bath sembra aver trovato un modo per bloccare la progressione, e lo fa partendo da un minuscolo frammento di proteina.

Il cuore del problema è una proteina chiamata alfa-sinucleina, che nel cervello tende ad “impilarsi” su se stessa fino a formare ammassi tossici, le cosiddette fibrille amiloidi. Queste strutture distruggono i neuroni e scatenano la degenerazione tipica del Parkinson. Fermare questo processo, fin dagli stadi iniziali, è diventato una delle grandi sfide della neurologia moderna.

Proprio su questo si è concentrato il team di Bath: capire se fosse possibile impedire alla proteina di aggregarsi, non dopo, ma prima che cominci. E la risposta, sorprendentemente, è sì. Tutto grazie a un peptide di nuova generazione in grado di legarsi alle prime forme tossiche dell’alfa-sinucleina e di disattivarle, come un piccolo interruttore molecolare.

Pubblicato sulla rivista JACS Au e ripreso da ScienceDaily (8 ottobre 2025), lo studio non parla ancora di una cura pronta all’uso — siamo agli inizi — ma di una scoperta che potrebbe cambiare la logica con cui si affronta la malattia: colpire la proteina quando è ancora “innocente”, prima che diventi un pericolo per il cervello.

Una proteina particolare

L’alfa-sinucleina, in condizioni normali, aiuta le cellule nervose a comunicare tra loro. Il problema nasce quando qualcosa, forse un cambiamento ambientale o genetico, la spinge a ripiegarsi nel modo sbagliato. Da lì, una singola molecola malformata può convincere le altre a seguirla, in un effetto domino devastante. È come se un’unica tessera storta facesse cadere l’intero domino neuronale.

Negli ultimi anni, diversi laboratori hanno cercato di bloccare la formazione di queste fibrille tossiche. Ma molte strategie agiscono troppo tardi, quando il danno è già fatto. Il gruppo di Bath ha deciso invece di puntare sul momento cruciale, la fase in cui le proteine cominciano appena ad appiccicarsi tra loro. In quella frazione di tempo, minuscola ma decisiva, un intervento mirato può fare la differenza.

Illustrazione di due mani (Canva FOTO) - biomedicalcue.it
Illustrazione di due mani (Canva FOTO) – biomedicalcue.it

Il peptide che “disinnesca” l’alfa-sinucleina

Lo studio descrive la creazione di un peptide sintetico in grado di riconoscere le prime forme patologiche dell’alfa-sinucleina. In pratica, la molecola si lega alle zone instabili della proteina e ne blocca la capacità di unirsi ad altre, fermandone sul nascere l’aggregazione. Nei test di laboratorio, questo peptide è riuscito a prevenire completamente la formazione delle fibrille, un risultato che non si era mai ottenuto con tanta precisione.

Il passo successivo sarà capire se lo stesso effetto può verificarsi anche nel cervello umano. I ricercatori stanno già progettando studi preclinici per valutarne la sicurezza e la capacità di attraversare la barriera ematoencefalica, l’ostacolo principale tra il sangue e il sistema nervoso centrale. Se tutto andrà come previsto, questo approccio potrebbe aprire la strada a una nuova categoria di farmaci neuroprotettivi, capaci non solo di rallentare la malattia, ma di impedirne la nascita.