Il "vero" cervello (depositphotos.com) - www.biomedicalcue.it
La ricerca su Nature mette in luce un canale diretto di comunicazione tra il cervello e il microbioma intestinale: prospettive innovative.
Esiste un’espressione inglese che recita “go with your gut”, ovvero “va di pancia”. Effettivamente, nel corso della medicina, l’intestino è stato sempre considerato il nostro “secondo cervello”.
Tale correlazione non solo retorica, in quanto la complessità del microbioma e il suo impatto sul corpo hanno suscitato l’interesse della comunità scientifica, ma non solo, per molto tempo. Adesso, la relazione tra cervello e intestino non è più parte di semplici teorie e congetture, ma un dato supportato da un numero sempre più crescente di ricerche.
I messaggi che viaggiano e vengono condivisi attraverso questo legame non riguardano solo la digestione, ma anche aspetti essenziali come l’umore, l’appetito e perfino il comportamento adottato. Si tratta di comunicazione apparentemente invisibile ma che, in realtà, influenza una grandissima parte della nostra vita quotidiana senza che ne abbiamo la totale consapevolezza.
Studi recenti hanno arricchito la peculiarità di questa forma di comunicazione attraverso una scoperta interessante: un percorso diretto, che potremmo quasi definire una “strada preferenziale”, la quale connette i batteri intestinali al cervello, modificando in tempo reale le reazioni del nostro corpo.
Secondo quanto riportato, tra gli altri, da TgCom24 e ANSA, un’indagine pubblicata sulla rivista Nature e condotta da un team della Duke University negli Stati Uniti ha captato attaraverso i topi una via diretta di dialogo tra i batteri intestinali e il cervello. I ricercatori, guidati da Diego Bohórquez, si sono chiesti se il corpo fosse in grado di riconoscere i segnali microbici in tempo reale, senza necessariamente dover attraversare percorsi infiammatori o immunitari. A quanto risulta la risposta è affermativa: i ricercatori hanno notato infatti come alcune proteine batteriche, in particolare la flagellina – elemento dei flagelli che consente il movimento dei batteri – vengano riconosciute da cellule sensoriali nel colon. Queste cellule inviano immediatamente segnali neurali al cervello, il quale reagisce modulando il comportamento e limitando l’appetito.
L’importanza di questa scoperta è assolutamente notevole, stando alle fonti. Per decenni, gli studiosi avevano cercato di comprendere come il microbiota intestinale potesse influenzare processi cognitivi e psicologici. Ebbene, la nuova ricerca chiarisce finalmente come ciò avvenga: non solo tramite la produzione di metaboliti o l’aggiustamento del sistema immunitario, ma anche attraverso una vera e propria “via nervosa”diretta.
Secondo Bohórquez, riportano le fonti, i prossimi obiettivi e focus di studio saranno di esaminare come le diete possano alterare la composizione del microbioma e, di conseguenza, influenzare questa comunicazione. Le conseguenze secondo le fonti si estenderebbero a diversificati ambiti di applicazione medica: dalla nutrizione clinica alle neuroscienze, compresa la psichiatria!
Studi precedenti, pubblicati in riviste come Trends in Neurosciences e Cell Host and Microbe, avevano già mostrato un potenziale legame tra alterazioni del microbiota e patologie come ansia, depressione e autismo. La novità dello studio della Duke University è quella di evidenziare un meccanismo chiaro e preciso, capace di offrire nuove e speranzose possibilità terapeutiche.