Ricerca integrata, reti scientifiche e valorizzazione dei giovani talenti: così l’Italia punta a prevenire le crisi sanitarie globali.
Le crisi sanitarie non si affrontano soltanto nei laboratori o negli ospedali: oggi, più che mai, la prevenzione inizia con l’integrazione delle conoscenze e il rafforzamento delle reti scientifiche. È con questo spirito che Roma ha ospitato il confronto tra esperti di One Health, una visione che collega la salute umana, animale e ambientale in un’unica strategia globale.
La pandemia di Covid-19 ha segnato uno spartiacque. Dopo quella fase critica, la comunità scientifica ha avviato un profondo ripensamento dei modelli di risposta, guardando al futuro con strumenti innovativi e strategie integrate. Le terapie tradizionali si stanno rivelando insufficienti contro minacce emergenti, dalla resistenza antimicrobica alle zoonosi.
Uno degli obiettivi più ambiziosi è costruire banche dati condivise e strumenti diagnostici capaci di rilevare segnali deboli prima che diventino emergenze globali. L’efficienza della risposta dipenderà dalla rapidità con cui i ricercatori riusciranno a leggere e interpretare questi segnali.
Proprio per coordinare questi sforzi, è nato il partenariato esteso promosso dalla Fondazione Inf-Act, che ha ricevuto oltre 114 milioni di euro di finanziamento attraverso il Pnrr. A tre anni dalla sua creazione, il progetto è cresciuto oltre le previsioni, trasformandosi in una piattaforma nazionale multidisciplinare che guarda ben oltre la scadenza ufficiale dei fondi.
“La chiusura del Pnrr non è la fine di un ciclo, ma una tappa”, ha affermato Federico Forneris, presidente della Fondazione Inf-Act, nel corso del convegno romano, come riportato da ANSA. Il progetto, infatti, ha visto moltiplicarsi i soggetti coinvolti: dai 25 enti iniziali si è arrivati a una rete di circa 70 realtà tra università, istituti pubblici e privati.
Un altro risultato concreto riguarda l’impatto occupazionale e formativo sul mondo della ricerca. Il partenariato ha permesso il reclutamento di oltre 120 ricercatori a tempo determinato e 300 collaboratori, oltre a finanziare un dottorato nazionale che oggi conta 90 dottorandi attivi e un investimento di oltre 8 milioni di euro.
Un’attenzione particolare è stata riservata ai ricercatori nelle fasi iniziali e intermedie della carriera. Grazie a un investimento aggiuntivo di 750mila euro, è stata avviata una partnership strategica con la Fondazione Armenise-Harvard, ponendo le basi per un collegamento solido tra la ricerca italiana e quella internazionale.
L’approccio adottato dimostra che solo integrando ricerca, formazione e collaborazione internazionale è possibile costruire una risposta concreta e sostenibile alle sfide sanitarie del futuro. E il convegno di Roma non ha chiuso un ciclo, ma ha aperto una nuova fase, in cui la preparazione anticipa l’emergenza.