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“Non ci importa se prendete infezione”: spariscono i MEDICINALI ANTI-SEPSI | Non ci sono più scorte negli ospedali italiani

Infermiera e paziente (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it

Infermiera e paziente (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it

Negli ospedali italiani mancano i disinfettanti autorizzati: nuove regole, scorte esaurite e rischi sempre più evidenti per i pazienti.

Chiunque sia stato in ospedale almeno una volta, anche solo per un prelievo o una visita veloce, sa quanto conti la pulizia. Non parliamo solo di pavimenti e corridoi, ma di tutto ciò che serve a tenere lontani i batteri — quei gesti automatici e silenziosi che evitano infezioni anche gravi. Dietro un semplice tampone al braccio, c’è un mondo intero di precauzioni. Ma cosa succede se iniziano a mancare proprio i prodotti più importanti?

Non è solo una questione di prodotti mancanti, in realtà. È che certe regole cambiano, all’improvviso, e il sistema si trova a rincorrerle. In teoria dovrebbe essere tutto più sicuro, ma in pratica le corsie devono fare i conti con magazzini vuoti e soluzioni tampone.

Ecco allora che una cosa tanto banale diventa un rompicapo. Perché se non hai il prodotto giusto, cosa fai? Improvvisi? Rischi? Usi qualcosa che non è autorizzato? Intanto, la pressione su medici e infermieri aumenta. Ogni scelta è un potenziale errore, ogni errore un possibile processo. La prevenzione dovrebbe essere la base di tutto, ma quando mancano i mezzi…

E nel frattempo, chi lavora sul campo deve aggiornare i protocolli, formarsi, trovare soluzioni nel caos. Nessuno può dire “non lo sapevo”. Le responsabilità ci sono, eccome. Ma se il sistema stesso non è allineato, come si può pretendere che tutto fili liscio? C’è qualcosa che non torna, e lo sanno bene in molti reparti.

Una regola nuova che ha spiazzato tutti

Dal 31 agosto scorso, come riporta anche Il Sole 24 Ore, non si possono più usare presidi medico-chirurgici per disinfettare la cute sana prima di un intervento. Serve per forza un farmaco approvato. Una scelta che, almeno sulla carta, vuole alzare il livello di sicurezza, migliorare la tracciabilità e ridurre i rischi legati alle infezioni nosocomiali, che — lo ricordiamo — colpiscono fino all’8% dei pazienti ricoverati.

Il problema è che questi farmaci non si trovano. O meglio, quelli ritenuti più efficaci, come le soluzioni alcoliche di clorexidina al 2%, sono introvabili o in quantità minime. E quindi? Si rischia di non poter applicare la legge, oppure di ripiegare su alternative meno sicure, come preparazioni galeniche fatte in loco (spesso con criteri approssimativi) o prodotti importati dall’estero. Il tutto con effetti collaterali sia sulla salute, sia sulle responsabilità legali.

Siringa e fiale (Pixabay foto) - www.biomedicalcue.it
Siringa e fiale (Pixabay foto) – www.biomedicalcue.it

Il cortocircuito negli ospedali italiani

In pratica, la norma impone standard altissimi, ma lascia chi lavora sul campo senza strumenti adeguati. È un paradosso. Ospedali obbligati a rispettare regole rigidissime, ma costretti a fare i conti con farmacie interne semivuote. E mentre si cercano soluzioni, si moltiplicano le pressioni sul personale. Un errore, anche involontario, potrebbe trasformarsi in un caso legale.

Per cercare di mettere ordine, la SIMPIOS ha pubblicato un documento con indicazioni dettagliate su quali antisettici usare in base ai diversi contesti clinici. Ma anche queste linee guida, per quanto rigorose, fanno i conti con una realtà che cambia giorno per giorno. Fino a quando i farmaci non torneranno disponibili in modo stabile, sarà difficile parlare di sicurezza reale. E chi lavora in corsia dovrà continuare a muoversi su un filo, tra buone intenzioni e scelte obbligate.