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MIT rivela il ruolo cruciale del fluido intercellulare nella flessibilità dei tessuti

Illustrazione di cellule dell'epidermide (Canva FOTO) - biomedicalcue.it

Illustrazione di cellule dell'epidermide (Canva FOTO) - biomedicalcue.it

Questa scoperta del MIT è eccezionale. Grazie ad un particolare studio, è stata scoperta l’importanza del fluido intercellulare.

Il corpo umano è composto per circa il 60% da acqua. Una buona parte di questa resta racchiusa all’interno delle cellule, ma ce n’è anche parecchia che si muove negli spazi tra una cellula e l’altra. Una specie di fluido “di mezzo”, simile all’acqua di mare che scorre tra i granelli di sabbia.

Ecco, proprio questo liquido intercellulare potrebbe essere molto più importante di quanto si pensasse. Un team di ingegneri del MIT ha infatti scoperto che gioca un ruolo chiave nel modo in cui i tessuti del corpo si deformano, reagiscono alla pressione, oppure si adattano dopo un trauma. Una scoperta che potrebbe aiutare a capire meglio come il corpo risponde a malattie come il diabete, il cancro, o anche l’invecchiamento.

Lo studio, pubblicato su Nature Physics, ha mostrato che i tessuti sono molto più “morbidi” e si rilassano più facilmente quando il fluido riesce a scorrere liberamente tra le cellule. Se invece le cellule sono troppo compattate e il fluido ha meno spazio per muoversi… allora tutto si irrigidisce, diventando più resistente alla compressione.

Questa conclusione ribalta un’idea piuttosto consolidata: si pensava che fosse l’interno della cellula a determinare quanto un tessuto fosse elastico o rigido. Ma ora appare chiaro che è il modo in cui l’acqua riesce (o meno) a scorrere tra le cellule a fare la vera differenza. E questa cosa potrebbe cambiare il modo in cui si progettano anche tessuti artificiali.

Quando l’acqua scivola tra le cellule

Il gruppo guidato dal professor Ming Guo (Fan Liu et al., 2025) ha deciso di approfondire un’osservazione fatta qualche anno fa studiando tumori. In quel lavoro, avevano notato che, comprimendo una massa tumorale, il liquido tra le cellule cominciava a fluire dal centro verso l’esterno, come su una specie di nastro trasportatore. Quel movimento poteva favorire l’invasione delle cellule tumorali nei tessuti circostanti.

A quel punto si sono chiesti: ma questo fenomeno esiste anche nei tessuti sani? E soprattutto, cosa succede se si permette o si ostacola il movimento del fluido tra le cellule? Così hanno preso vari tipi di tessuti biologici, compresi quelli derivati dal pancreas, e hanno coltivato piccoli agglomerati cellulari, grandi meno di mezzo millimetro. Questi mini-tessuti sono stati poi compressi con un dispositivo creato ad hoc, in grado di esercitare una pressione precisissima e misurare il comportamento del tessuto con altissima sensibilità.

Illustrazione di alcune cellule (Canva FOTO) - biomedicalcue.it
Illustrazione di alcune cellule (Canva FOTO) – biomedicalcue.it

I risultati dell’esperimento

Durante l’esperimento, ogni micro-cluster veniva schiacciato finché non si appiattiva, trasformandosi da sferetta ad una forma più schiacciata. A quel punto, i ricercatori osservavano quanto tempo impiegava a tornare alla forma iniziale. La cosa interessante è che, nei tessuti più grandi, il ritorno alla forma avveniva più lentamente. Questo suggerisce che a governare la risposta meccanica non sia la struttura interna, ma proprio il tempo che il liquido impiega a scorrere tra le cellule.

La conferma è arrivata replicando l’esperimento con tessuti diversi: ogni volta, più grande era l’agglomerato, più lenta era la fase di rilassamento. Secondo gli autori, questo dimostra che il flusso intercellulare è una variabile fondamentale nella meccanica dei tessuti viventi. E le implicazioni sono tante: dalla progettazione di organi artificiali più resistenti, al miglioramento della distribuzione di farmaci, fino alla comprensione di patologie neurodegenerative.