Come una maschera da sub è diventata un respiratore
Abbiamo parlato qualche giorno fa della geniale idea di trasformare una maschera da sub in un respiratore. Notizia che in pochissimo tempo ha fatto il giro del mondo! I ragazzi, grazie ai quali è stato portato a termine il progetto, sono stati intervistati. Abbiamo, quindi, deciso di riportare alcuni interessanti passaggi dell’intervista a cura del giornalista Antonio Piazzolla sulla rivista Forbes.
“Nei giorni scorsi siamo stati contattati da un ex primario dell’Ospedale di Gardone Valtrompia, il dottor Renato Favero, che è venuto a conoscenza di Isinnova tramite un medico dell’Ospedale di Chiari, struttura per la quale stavamo realizzando con stampa 3D le valvole d’emergenza per respiratori. Il dottor Favero ha condiviso con noi un’idea per far fronte alla possibile penuria di maschere C-PAP ospedaliere per terapia sub-intensiva: si tratta della costruzione di una maschera respiratoria d’emergenza riadattando una maschera da snorkeling già in commercio.” raccontano Marco Ruocco e Lorenzo Abeni di Isinnova nell’intervista.
Da maschera per lo snorkeling a respiratore: il progetto
Il giornalista Antonio Piazzolla introduce l’intervista con una citazione di Albert Einstein che calza a pennello : “E’ nei momenti di crisi che sorge l’inventiva”. Nessuna frase potrebbe racchiuedere al meglio la vicenda. In seguito alla proposta del dottor Favero di trasformare un oggetto di uso comune in un respiratore, i due giovani, Ruocco e Abeni, si sono immediatamente mobilitati per realizzare nel minor tempo possibile il brevetto. Il primo passo è stato contattare l’azienda Decathlon per capire quanti pezzi potessere avere a disposizione, nella speranza di averne più di poche centinaia. Fortunatamente la giacenza era tale da poter ricoprire tutte le zone di Italia. I ragazzi hanno ottenuto in tempi brevissimi il modello CAD della maschera per studiare come modificarla in modo da montarvi le due valvole: “Charlotte“e “Dave“.
Consapevoli di non poter rispondere da soli a tutta la domanda, hanno reso disponibile online le istruzioni ed i file per stampare le valvole in 3D e montarle e per collegare la maschera agli apparecchi dell’ospedale. Non solo, i ragazzi, grazie ad una sezione della pagina di Isinnova hanno dato la possibilità ai makers di compilare il form di google automatico. Attraverso il form, i maker possono iscriversi in una lista pubblica, tramite la quale gli ospedali possono contattarli per la produzione.
Caratteristiche della maschera
La maschera EasyBreath così come è nata in Decathlon si presta molto bene alla trasformazione in respiratore: isolata grazie alle guarnizioni, ricopre tutta l’area facciale e quindi risulta, praticamente, impenetrabile. Nell’intervista, i due ragazzi, spiegano che le modifiche attuate sulla maschera iniziale sono davvero minime e semplici: cambio di posizione di una delle membrane presenti all’interno, eliminare altre due valvole presenti ed agganciare la Charlotte e la Dave.
L’unico “limite” della stampa 3D è l’incertezza della precisione. Ci sono, infatti, diversi parametri che potrebbero variare nella stampa del componente, in base ai materiali, o in base anche al modello di stampante. Per questo motivo, Ruocco ed Albeni non hanno lasciato nulla al caso: hanno montato tutti i pezzi stampati su ciascuna maschera, così da poterle collaudare e verificare integrità e funzionamento. E’ fondamentale, infatti, che il personale sanitario non perda tempo con pezzi malfunzionanti e/o non assemblabili.
Utilizzo della machera
La nuova maschera C-PAP (Continuous Positive Airway Pressure) non si propone di sostituire gli attuali respiratori, però è un’ottima soluzione tampone per pazienti che attendono il ricovero, oppure per le zone più colpite da coronavirus in cui gli ospedali e, soprattutto, la terapia intensiva sono saturi. La maschera è molto versatile: può essere tarata dal medico in base alla gravità della situazione del paziente al quale è destinata. Essendo tutto il mondo in una situazione di emergenza, la maschera e il raccorodo non sono ancora stati certificati, motivo per cui, i pazienti che vogliano usarla, devono firmare una dichiarazione in cui accettano l’utilizzo di un dispositivo non certificato.