Farmaci e AI (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
Dai laboratori agli algoritmi: l’IA cambia il volto della ricerca farmacologica, accorciando i tempi di sviluppo e non solo.
Un tempo si parlava di anni, spesso anche decenni, per mettere a punto un nuovo farmaco. Era un percorso lungo, costoso e pieno di incertezze. Oggi, però, qualcosa sta cambiando – anzi, è già cambiato. La medicina sta vivendo una vera e propria rivoluzione, e no, non è solo una frase fatta. Al centro di tutto c’è una protagonista ormai difficile da ignorare: l’intelligenza artificiale.
Non stiamo più parlando solo di laboratori e camici bianchi. Ora ci sono algoritmi potentissimi, capaci di esaminare – in pochissimo tempo – milioni di molecole, prefigurando come potrebbero comportarsi nel corpo umano. E la cosa sorprendente è che ci azzeccano spesso più di quanto si pensi. Questo approccio sta diventando fondamentale soprattutto quando si tratta di malattie croniche, quelle che colpiscono milioni di persone e per cui trovare cure efficaci è complicato, lento e… anche molto costoso.
C’è da dire che le aziende non stanno certo a guardare. Anzi. Investono, e tanto. Sempre più realtà del settore farmaceutico stanno puntando sull’intelligenza artificiale, collaborando con startup tech, centri di ricerca specializzati e piattaforme digitali di nuova generazione. Tutto questo per arrivare prima degli altri, ridurre i tempi della ricerca e – diciamolo – aumentare le probabilità di colpire nel segno.
Insomma, la medicina sembra entrare in una nuova fase. Una fase fatta di dati, simulazioni e velocità. Ma anche di nuove speranze per chi da tempo aspetta soluzioni concrete a problemi complessi. E quello che fino a ieri sembrava futuristico, oggi è già una realtà in movimento.
Un esempio lampante? Come riporta Repubblica c’è l’accordo – appena annunciato – tra AstraZeneca e la cinese CSPC Pharmaceuticals. L’idea è quella di sviluppare nuove terapie orali per malattie immunologiche usando una piattaforma basata su IA che CSPC sta già utilizzando per scegliere e migliorare molecole promettenti. La fase su cui si concentreranno? Quella preclinica, proprio dove spesso si perde tempo e si fallisce. Qui, invece, si punta a fare tutto molto più in fretta – e meglio.
AstraZeneca, tra l’altro, non è certo nuova a queste cose. Ha già messo sul piatto oltre 200 milioni di dollari per creare un modello d’intelligenza artificiale dedicato all’oncologia insieme a Tempus e Pathos. E ha pure firmato un accordo con Immunai (18 milioni) per lavorare su farmaci immuno-oncologici. Ah, quasi dimenticavo: c’è anche un progetto con Qure.ai per lo screening del cancro ai polmoni. Come ha detto Sharon Barr, che guida la ricerca biofarmaceutica in AstraZeneca – e cito a memoria, potrei sbagliare le parole precise – “se vogliamo rispondere sul serio a malattie croniche che colpiscono miliardi di persone, serve un approccio basato sui dati”. E pare proprio che sia questa la strada che tutti vogliono percorrere.
Questa collaborazione con CSPC si inserisce in un momento in cui, davvero, la fase preclinica viene compressa come mai prima d’ora. L’IA analizza ogni molecola e ne simula il comportamento in migliaia di scenari diversi. L’obiettivo? Scoprire subito se può funzionare, dove fallisce, come migliorarla. Così si tagliano mesi di lavoro – e milioni di euro. E se una molecola ha potenziale, si passa più rapidamente al test vero e proprio, aumentando le probabilità di successo già nella fase sperimentale.
E c’è già un risultato concreto. Proprio grazie a questi nuovi sistemi, è stato sviluppato un anticorpo monoclonale per la nefropatia che ha dimostrato di ridurre la proteinuria del 51%. Un numero enorme, se si pensa a quanto poco siano cambiate certe terapie negli ultimi anni. Non è solo un passo avanti, è un salto. E tutto lascia pensare che sia solo l’inizio.