La denuncia del volto tv è impietosa: “Hanno smesso tutti di chiamarmi” | Lasciato solo e affamato dopo la battaglia contro la malattia

Anziano in solitudine (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
Lasciato ai margini dopo anni sotto i riflettori, l’ex opinionista racconta la sua battaglia tra solitudine e dignità.
C’è una cosa che nessuno ti insegna: quando le luci si spengono, resta un silenzio che fa quasi più rumore di prima. Perché sì, la televisione può anche dimenticarti. E quando succede, il vuoto che lascia è enorme. Non solo sul lavoro, ma proprio nella vita di tutti i giorni. Abituarsi a non essere più cercati è una fatica sottile, una che ti entra nelle ossa senza farsi notare subito.
Il bello — o forse il brutto — è che tutto questo accade senza avvisare. Un giorno sei dappertutto, il giorno dopo non ti cerca più nessuno. Niente telefonate, zero inviti, progetti che spariscono nel nulla. E gli amici? Boh, pure loro come evaporati. Resti lì a chiederti cosa sia successo, senza che nessuno te lo spieghi davvero.
Il mondo dello spettacolo non aspetta nessuno. È una corsa continua, e chi inciampa resta indietro. Magari basta un problema di salute, un periodo no… e puff, sei fuori. E no, non importa quanto fossi bravo o popolare: la memoria del pubblico e dei colleghi è corta. Spietatamente corta.
E nel frattempo la vita va avanti, sì, ma diventa un po’ più stretta, un po’ più amara. Ci si ritrova a fare conti che non tornano e a guardare dentro le cose più care, chiedendosi se sia arrivato il momento di lasciarle andare. Per necessità, non per scelta.
Una decisione presa col magone e con la testa
L’ex opinionista, che tutti abbiamo visto per anni in tv tra talk show e programmi sportivi, oggi si trova in un momento duro. Ha deciso di vendere parte della sua biblioteca immensa — venti, forse venticinquemila volumi, manco lui sa quanti. «Una scelta che mi spezza», ha detto al Foglio, come riportato da Corriere della Sera. E lo capisci benissimo: quei libri sono la sua vita, non solo carta e inchiostro.
“Da quando sono stato male hanno smesso tutti di chiamarmi”. Nessuna proposta, nessun ruolo. Il telefono muto. E nel frattempo, anche i risparmi sono finiti. Così ha iniziato a pensare di vendere una parte di sé, letteralmente. Libri che ha raccolto in una vita intera, pezzi rari, prime edizioni… non è solo un patrimonio culturale, è proprio la sua storia.
Un addio forzato a ciò che lo definiva
Tra i titoli di cui Giampiero Mughini dovrà separarsi ci sono firme come Calvino, Pavese, Gadda, Sciascia, Fenoglio e altri giganti. Ma non tutto verrà ceduto. «Non posso separarmi dai tre Svevo. O dai libri di Saba. Trieste è troppo legata a me». E ci sta. Alcune cose non hanno prezzo, nemmeno quando servono i soldi. Una parte dei volumi è già finita dal libraio Pontremoli, amico di lunga data.
Oggi Mughini si mantiene con un solo articolo alla settimana su Il Foglio. È rimasto solo quello. «Con quel pezzo faccio una dieta intermittente» ha scherzato, ma neanche troppo. Quanto alla salute, dice di stare meglio, anche se… «mi muovo piano, fatico. Il medico mi ha detto che devo imparare a “gestire” la vecchiaia. Non me n’ero mica accorto, pensa te». Ha 84 anni, ma la morte — dice — non vuole nemmeno nominarla: “se ci penso, poi lei si monta la testa”.