Il test da 15 minuti per l’epatite C: una svolta nella diagnostica molecolare rapida
Un nuovo test PCR sviluppato dalla Northwestern University permette di diagnosticare l’epatite C in soli 15 minuti.
Questo test promette una rivoluzione nell’accesso alle cure e nella strategia globale di eradicazione della malattia, grazie alla possibilità di iniziare il trattamento immediatamente dopo la diagnosi.
Una nuova tecnologia per un’antica sfida globale
L’epatite C è una delle principali cause di malattia epatica cronica a livello mondiale, responsabile ogni anno di circa 242.000 decessi, per lo più legati a cirrosi e carcinoma epatocellulare. Nonostante i trattamenti antivirali diretti (DAA) siano oggi in grado di curare completamente l’infezione in 8-12 settimane, l’accesso alla diagnosi rimane un ostacolo critico.
Uno dei fattori che rallenta il contenimento dell’HCV è infatti la complessità della diagnostica: i test disponibili richiedono tempo, laboratori attrezzati e il ritorno del paziente per un secondo appuntamento. In questo scenario, l’annuncio di un nuovo test molecolare in grado di identificare l’HCV in soli 15 minuti rappresenta una potenziale svolta per la salute pubblica globale.
Un test molecolare “point-of-care” con accuratezza del 100%
Il test è stato sviluppato da un team di ingegneri e specialisti in malattie infettive della Northwestern University, utilizzando la piattaforma DASH® (Diagnostic Analyzer for Specific Hybridization), originariamente creata per il rilevamento rapido del SARS-CoV-2.
Questa nuova versione del sistema è stata adattata per lavorare su campioni di sangue intero, consentendo la diagnosi dell’infezione da virus dell’epatite C (HCV) direttamente sul posto, senza necessità di invio a laboratori esterni.
I primi test clinici, condotti in collaborazione con la Johns Hopkins University, hanno mostrato risultati straordinari: su 97 campioni clinici testati, la concordanza con i test commerciali tradizionali è stata del 100%.
Velocità, accuratezza e accessibilità: il cambio di paradigma
L’attuale percorso diagnostico dell’HCV prevede due fasi:
- Un test sierologico per rilevare la presenza di anticorpi contro l’HCV;
- Un successivo test PCR per confermare la presenza dell’RNA virale, e quindi l’infezione attiva.
Questo approccio bifasico comporta ritardi significativi: spesso i campioni devono essere inviati a laboratori centralizzati, e i pazienti devono tornare per ottenere i risultati e iniziare il trattamento. Il rischio è che, nel frattempo, molti pazienti si perdano lungo il percorso di cura (fenomeno noto come “lost to follow-up”).
Il nuovo test DASH abbatte questo ostacolo: il risultato è disponibile in 15 minuti, durante la visita stessa. Il paziente può ricevere diagnosi e, se necessario, iniziare il trattamento nella stessa giornata. Questo approccio ha un impatto diretto su:
- Riduzione delle complicanze epatiche gravi, legate a diagnosi tardive;
- Aumento dei tassi di trattamento e guarigione;
- Minori costi per il sistema sanitario, grazie a un percorso diagnostico più efficiente.
Implicazioni per l’eradicazione globale dell’HCV
La World Health Organization (WHO) ha fissato l’ambizioso obiettivo di eliminare l’epatite C come minaccia per la salute pubblica entro il 2030. Per raggiungere questo traguardo, l’accesso a test diagnostici rapidi, precisi e a basso costo è una delle priorità fondamentali.
Secondo Claudia Hawkins, co-autrice dello studio e direttrice del Center for Global Communicable and Emerging Infectious Diseases della Northwestern, il nuovo test può “rivoluzionare l’assistenza per l’HCV a livello globale”. L’effetto diretto sarebbe:
- Un incremento significativo nel numero di pazienti curati;
- Un’accelerazione nella riduzione dell’incidenza dell’HCV nei Paesi ad alta prevalenza;
- Un miglioramento nella gestione delle infezioni in popolazioni vulnerabili come carcerati, tossicodipendenti, migranti e senza fissa dimora.
La tecnologia dietro il test: il sistema DASH®
Il cuore tecnologico del nuovo test è la piattaforma DASH, già utilizzata con successo durante la pandemia di COVID-19 per diagnosi molecolari rapide da tampone nasale.
La versione aggiornata per l’HCV utilizza:
- Una unità portatile automatizzata, di dimensioni ridotte;
- Cartucce monouso per il rilevamento specifico dell’RNA virale dell’HCV;
- Una reazione PCR rapidissima su sangue intero, senza necessità di pre-trattamenti complessi;
- Un’interfaccia user-friendly, pensata per l’uso in ambulatori, cliniche mobili, centri di screening e ambienti a bassa infrastruttura.
Il sistema è progettato per essere utilizzato anche da personale non specializzato, abbattendo la necessità di laboratori centralizzati e rendendo possibile lo screening di massa in aree remote o con scarsa infrastruttura sanitaria.
Validazione clinica: i risultati dello studio congiunto
Per validare la nuova piattaforma, il team della Northwestern ha collaborato con i ricercatori della Johns Hopkins University, fornendo dispositivi DASH e cartucce HCV dedicate.
I test condotti hanno incluso:
- 97 campioni clinici provenienti da pazienti con sospetta infezione HCV;
- Confronto diretto tra i risultati DASH e quelli ottenuti con le piattaforme PCR commerciali standard;
- Analisi dei tempi di risposta e dei livelli di sensibilità/specificità.
Il risultato più rilevante è stato la concordanza completa (100%) tra il test DASH e i metodi di laboratorio, con tempi di esecuzione fino al 75% più rapidi rispetto agli altri test point-of-care disponibili.
Applicazioni strategiche in contesti ad alta incidenza
Il test è particolarmente indicato per essere utilizzato in:
- Centri per tossicodipendenti, dove l’avvio immediato della terapia può prevenire la trasmissione del virus;
- Istituti penitenziari, ambienti ad alta prevalenza e con elevata mobilità della popolazione;
- Programmi di microeliminazione nei Paesi a medio reddito, dove si punta a eradicare l’HCV in popolazioni target;
- Ambienti rurali o remoti, dove la logistica ostacola l’accesso alla diagnosi di laboratorio tradizionale.
Prospettive future e ostacoli da superare
Nonostante i risultati promettenti, la strada per l’adozione su larga scala del test non è priva di ostacoli. Tra i principali:
- La necessità di ottenere approvazioni regolatorie (FDA, EMA, WHO PQ);
- La produzione su vasta scala dei dispositivi e delle cartucce monouso;
- Il costo per test ancora da definire, fondamentale per l’adozione nei Paesi a basso reddito;
- La formazione degli operatori sanitari e l’integrazione nei percorsi clinici esistenti.
Tuttavia, la flessibilità della piattaforma DASH e la validazione già ottenuta rappresentano una base solida per future collaborazioni con enti globali come GAVI, Unitaid e fondazioni filantropiche.
Un cambio di paradigma nella lotta all’HCV
Il test molecolare per l’epatite C sviluppato dalla Northwestern University rappresenta una potenziale svolta nella diagnostica infettivologica. Grazie a una combinazione di rapidità, accuratezza, portabilità e accessibilità, offre un’alternativa concreta ai lunghi percorsi diagnostici che attualmente ostacolano la cura tempestiva dell’HCV.
Se implementato su larga scala, questo strumento potrebbe diventare un pilastro fondamentale nelle strategie globali di eliminazione del virus, contribuendo in modo diretto a salvare milioni di vite da complicanze evitabili e migliorando la sostenibilità dei sistemi sanitari, in particolare nei contesti a risorse limitate.
