Illustrazione dell'età biologica (Canva FOTO) - biomedicalcue.it
Purtroppo, anche i nostri organi mostrano i “segni dell’età”, ed è meglio prevenire prima che possa complicarsi la situazione.
C’è chi festeggia i 45 anni in forma smagliante… ma ha reni che ne dimostrano 60. E non è solo un modo di dire. A quanto pare, ogni organo del nostro corpo ha una sua “età” biologica, distinta da quella anagrafica, e la differenza non è affatto trascurabile. Uno studio pubblicato su Nature Medicine ha misurato proprio questo: quanto gli organi siano soggetti a un invecchiamento disomogeneo, e quanto ciò influenzi davvero la salute.
Il gruppo di ricercatori ha analizzato il sangue di quasi 45.000 persone, usando una tecnica chiamata proteomica plasmatica per stimare l’età biologica di undici organi, tra cui cervello, cuore, polmoni, fegato e reni. Hanno osservato che quando un organo appare molto più “vecchio” rispetto alla media dei coetanei, il rischio di sviluppare malattie legate a quell’organo aumenta in modo marcato. E viceversa: cervelli e sistemi immunitari sorprendentemente “giovani” sembrano allungare la vita.
La differenza tra età cronologica e biologica è stata calcolata usando un modello basato su migliaia di proteine specifiche di ciascun organo, ricavate da campioni di sangue. Un approccio piuttosto sofisticato, ma che ha permesso ai ricercatori di stilare una sorta di “mappa dell’invecchiamento”, organo per organo. Quello che ne è venuto fuori è affascinante e un po’ inquietante: un terzo dei partecipanti aveva almeno un organo decisamente fuori fase.
Ma non tutto è scritto nel destino o nel DNA. Fattori come l’alimentazione, l’attività fisica e perfino l’uso di farmaci o integratori sembrano influenzare l’età biologica degli organi. Insomma, si può invecchiare “meglio”, almeno su certi fronti. Ed è qui che il discorso si fa davvero interessante, perché non si tratta più solo di prevenire malattie, ma di capire come mantenere giovani le parti del corpo che contano di più per la longevità.
Nel cuore dello studio, gli scienziati hanno esaminato i dati del UK Biobank, un enorme database sanitario con oltre 17 anni di follow-up. Utilizzando circa 3.000 proteine plasmatiche, sono riusciti a stimare l’età biologica di undici organi principali. Per ogni persona, hanno calcolato uno “scarto d’età”, cioè quanto un organo risultava più giovane o più vecchio rispetto alla media degli individui della stessa età anagrafica. Organi come il cervello, il cuore e i polmoni, se “invecchiati”, mostravano un legame forte con il rischio di sviluppare malattie specifiche: Alzheimer, insufficienza cardiaca, broncopneumopatia cronica ostruttiva. E più organi risultavano “vecchi”, maggiore era il rischio di morte. Le probabilità di decesso aumentavano in modo progressivo: due organi invecchiati raddoppiavano il rischio, mentre otto o più lo moltiplicavano per otto.
La sorpresa più grande è arrivata dal cervello e dal sistema immunitario. Avere un cervello biologicamente giovane riduceva il rischio di Alzheimer di circa il 74%, e chi presentava anche un sistema immunitario “fresco” aveva una probabilità di morire inferiore del 56% nei 15 anni successivi. Questi due organi erano gli unici associati in modo significativo a una maggiore longevità. Curiosamente, la correlazione tra “giovinezza arteriosa” e sopravvivenza era addirittura inversa: chi aveva arterie molto giovani, in alcuni casi, mostrava un rischio aumentato di certe patologie, il che rende il quadro ancora più complesso da interpretare.
I ricercatori hanno anche esplorato l’effetto di abitudini quotidiane sulla biologia degli organi. I risultati non lasciano molto spazio a dubbi. Fumare, consumare alcolici o carne lavorata era associato a un invecchiamento accelerato, soprattutto dei reni, del cervello e del pancreas. Al contrario, chi faceva attività fisica regolare o mangiava pesce grasso come il salmone tendeva ad avere organi più “giovani”. Anche alcuni farmaci e integratori sembrano contribuire: ibuprofene, glucosamina e olio di fegato di merluzzo erano associati a profili biologici più giovanili in alcuni organi, in particolare cervello e reni.
Un dato particolarmente interessante riguarda le donne che avevano avuto una menopausa precoce. In quel gruppo, l’uso di estrogeni sembrava proteggere soprattutto il sistema immunitario, il fegato e le arterie. Questa osservazione rafforza l’idea che l’età degli organi sia sensibile non solo all’ambiente e allo stile di vita, ma anche alle terapie ormonali, come già suggerito da altri studi nella stessa coorte. Insomma, non si può “ringiovanire” del tutto, ma si può agire in modo mirato.