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Cellule immunitarie modificate diventano armi anti-tumore: l’alternativa alla terapia CAR‑T

Donna scienziato

Cellule modificate, la scoperta è rivoluzionaria (Freepik Foto) - www.biomdicalcue.it

Una ricerca condotta da Harvard Medical School e dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) apre nuove prospettive nella lotta ai tumori.

Secondo quanto riportato dall’agenzia ANSA il 9 ottobre 2025, gli studiosi hanno modificato un particolare tipo di cellule immunitarie, i linfociti Natural Killer (NK), trasformandoli in armi mirate capaci di riconoscere e distruggere le cellule tumorali. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, delineano una possibile alternativa alla terapia CAR-T, oggi utilizzata per trattare diversi tumori ematologici.

La terapia CAR-T, già affermata in campo oncologico, utilizza i linfociti T del paziente che vengono prelevati, modificati geneticamente in laboratorio per riconoscere le cellule cancerose, e successivamente reintrodotti nell’organismo. È una procedura complessa, costosa e lenta. Il nuovo approccio basato sui linfociti NK, invece, sfrutta cellule naturalmente predisposte a distruggere cellule anomale, rendendole più rapide e potenzialmente universali.

I test condotti dai ricercatori di Harvard e MIT su modelli murini dotati di sistema immunitario simile a quello umano hanno dato risultati incoraggianti: le cellule NK modificate sono riuscite a eliminare quasi completamente le cellule tumorali. Questo dimostra che è possibile ottenere un effetto terapeutico analogo a quello della CAR-T, ma con un processo molto più agile.

Un altro vantaggio, come sottolineato nell’articolo di Benedetta Bianco per ANSA, è la possibilità di utilizzare cellule NK provenienti da donatori sani, evitando di doverle prelevare ogni volta dal paziente. Ciò consentirebbe di creare “banche cellulari” pronte all’uso, con benefici evidenti in termini di tempi e costi di produzione.

Il passo avanti: cellule “invisibili” al sistema immunitario

Uno dei limiti principali di questo approccio era il rischio che il sistema immunitario del paziente riconoscesse le cellule donate come estranee e le distruggesse. Il gruppo guidato da Fuguo Liu, come spiegato nell’articolo ANSA, ha risolto il problema intervenendo sul rivestimento delle cellule NK: alcune proteine di superficie sono state rimosse, rendendo le cellule “invisibili” al sistema immunitario.

Grazie a questa modifica, le cellule NK hanno potuto sopravvivere più a lungo — fino a tre settimane nei test sui topi — e mantenere la loro capacità di attaccare il tumore in modo mirato. Inoltre, la ricerca ha evidenziato un rischio ridotto della cosiddetta sindrome da rilascio di citochine, una reazione infiammatoria grave spesso associata alla terapia CAR-T. Gli studiosi ritengono che questi risultati possano aprire la strada a una nuova generazione di immunoterapie, più sicure, economiche e facilmente applicabili. Le prossime fasi del progetto prevedono test clinici sull’uomo, per verificare efficacia e tollerabilità del trattamento.

Esperimenti genetici
Come funziona questo nuovo esperimento (Freepik Foto) – www.biomedicalcue.it

Una prospettiva per la medicina di precisione

Se confermati dagli studi futuri, i risultati ottenuti da Harvard e MIT — come evidenzia ANSA — potrebbero cambiare radicalmente l’approccio alle cure oncologiche. Le cellule CAR-NK “universali”, prodotte in laboratorio e pronte all’uso, consentirebbero di ridurre i tempi di attesa e offrire trattamenti immediati anche a pazienti con tumori resistenti alle terapie tradizionali.

Questo studio rappresenta un passo significativo verso la medicina di precisione, in cui le cellule immunitarie vengono riprogrammate come strumenti terapeutici su misura. L’obiettivo è rendere le cure oncologiche non solo più efficaci, ma anche più accessibili e sostenibili. Come sottolinea l’agenzia ANSA, la terapia CAR-NK potrebbe presto affiancare — e in alcuni casi sostituire — la CAR-T, offrendo ai pazienti una speranza concreta di cura con minori effetti collaterali. È un traguardo che, se confermato dai test clinici, segnerebbe una svolta storica nella biotecnologia applicata alla medicina.