Un nuovo studio mostra che la funzionalità renale può alterare i risultati dei test ematici per l’Alzheimer, portando a interpretazioni fuorvianti.
Considerare insieme salute del cervello e dei reni diventa essenziale per diagnosi più accurate. I test ematici per individuare precocemente il morbo di Alzheimer stanno rivoluzionando la diagnostica. Tuttavia, una nuova ricerca pubblicata su Neurology dall’American Academy of Neurology suggerisce che questi esami potrebbero non essere così affidabili in presenza di problemi renali.
Un’alterazione della funzionalità dei reni, infatti, può far aumentare nel sangue i biomarcatori associati all’Alzheimer, anche in persone che non hanno un rischio reale più elevato di sviluppare demenza.
Questo studio porta alla luce un aspetto spesso trascurato: la salute di cervello e reni è più interconnessa di quanto si pensasse. Ignorare questo legame potrebbe portare a diagnosi errate o previsioni troppo pessimistiche sulla progressione della malattia.
I reni hanno il compito fondamentale di filtrare sostanze di scarto dal sangue. Quando la loro funzione si riduce (anche moderatamente) molte molecole tendono ad accumularsi nel circolo sanguigno.
Tra queste potrebbero esserci anche i biomarcatori dell’Alzheimer, inclusi:
Se i reni non riescono a eliminarli in modo efficiente, i loro livelli nel sangue potrebbero risultare più alti, senza che ciò indichi realmente la presenza o il rischio di Alzheimer.
“Quando i reni non funzionano correttamente, i biomarcatori dell’Alzheimer possono apparire elevati anche in assenza di neurodegenerazione”, spiega l’autrice principale, la neurologa Francesca Gasparini del Karolinska Institutet.
La ricerca ha coinvolto 2.279 adulti con un’età media di 72 anni, nessuno dei quali con demenza all’inizio dello studio. Tutti sono stati sottoposti a:
I partecipanti sono stati monitorati per circa otto anni per capire se e come la salute renale influenzasse il rischio di sviluppare demenza.
In questi casi specifici, la presenza di problemi renali sembra anticipare la comparsa dei sintomi, probabilmente perché l’accumulo nel sangue riflette una maggiore vulnerabilità del sistema nervoso.
Anche se lo studio non dimostra che i problemi renali causino un aumento dei biomarcatori, mette chiaramente in luce un legame fisiologico tra:
Come sottolinea la dottoressa Gasparini:
“Capire come funzionano i reni può aiutare i medici a interpretare meglio i risultati dei test e a identificare chi potrebbe andare incontro a un progresso più rapido della malattia.”
Negli ultimi anni, i test ematici per l’Alzheimer hanno rappresentato una promettente svolta diagnostica. Tuttavia, questa ricerca mostra che non possono essere interpretati senza considerare la salute sistemica del paziente.
I ricercatori segnalano alcune limitazioni:
Serviranno quindi nuovi studi longitudinali per chiarire appieno come reni e cervello interagiscono dal punto di vista biochimico.
Il messaggio chiave dello studio è chiaro: interpretare i biomarcatori dell’Alzheimer senza considerare la funzione renale rischia di portare a conclusioni sbagliate. Il futuro della diagnostica dovrà quindi adottare un approccio più integrato, utilizzando i test ematici come parte di un quadro clinico completo.
Man mano che la medicina si avvicina all’obiettivo della diagnosi precoce e personalizzata dell’Alzheimer, comprendere il ruolo degli altri organi sarà cruciale — e i reni sembrano giocare un ruolo molto più importante di quanto si pensasse.
Una valutazione bilanciata di reni e cervello non migliorerà solo l’accuratezza diagnostica, ma anche la capacità dei medici di prevedere meglio la progressione della malattia.