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PERICOLO ACQUA DEL RUBINETTO: non sai cosa stai ingerendo ad ogni bicchiere | Solo una regione si salva

Uomo beve acqua

Uomo beve acqua (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it

Ogni giorno beviamo quest’acqua senza pensarci troppo, ma potremmo ingerire sostanze di cui ignoriamo l’esistenza.

Negli ultimi anni si parla sempre di più di sostenibilità, risparmio, buone abitudini. Ma siamo davvero sicuri di sapere cosa finisce nel nostro bicchiere ogni volta che lo riempiamo? Non è proprio una domanda banale.

Il punto è che ci si fida, perché si dà per scontato che l’acqua in casa sia controllata e sicura. Ma – ed è un “ma” bello grosso – non tutte le regioni italiane fanno le stesse cose per garantire questa sicurezza. E anzi, in certi posti, i parametri usati per verificare la qualità dell’acqua sono ancora quelli di anni fa. Un po’ vecchiotti, diciamo. Non proprio il massimo.

Nel frattempo, ci sono contaminanti di cui si parla pochissimo. Sostanze chimiche che non si vedono, non si sentono, ma possono accumularsi nel corpo nel tempo. Alcuni esperti li considerano una vera e propria bomba a orologeria ambientale. E no, non basta che l’acqua sia “buona” al gusto per stare tranquilli. La questione è ben più profonda.

Ci si affida ciecamente al sistema idrico, senza chiedersi se davvero ogni zona d’Italia segua gli stessi standard. Spoiler: non è così. Solo una regione ha scelto di cambiare le regole del gioco, con un approccio tutto suo, ben più scientifico e – a quanto pare – efficace. E il risultato? Sorprendente, ma ci arriviamo tra poco.

Una strategia scientifica che anticipa tutti

Nel panorama nazionale, questa regione ha deciso di non aspettare. Ha messo in campo un piano concreto e rigoroso per controllare la qualità dell’acqua potabile, puntando l’attenzione sui Pfas, cioè quei composti chimici industriali noti per essere altamente persistenti nell’ambiente e nel corpo umano. Si tratta di sostanze che non si degradano facilmente e che, anche in tracce minime, possono rappresentare un rischio per la salute.

Per affrontare la questione, la regione ha attivato un protocollo d’intesa tra più enti: Arpa della regione, Auri e le due aziende sanitarie locali. Insieme hanno avviato un monitoraggio sistematico e continuo di queste sostanze nelle acque potabili. Il programma include doppi campionamenti, analisi di laboratorio e una rete di controlli capillari che permettono di agire prima ancora che si verifichino situazioni critiche. E lo hanno fatto in anticipo rispetto alla normativa nazionale, prevista solo per il 2026.

Bicchiere d'acqua
Bicchiere d’acqua (Pixabay foto) – www.biomedicalcue.it

Un modello replicabile per tutta l’Italia

L’impatto di questa iniziativa è stato significativo. L’Umbria, grazie a questa strategia, è riuscita a posizionarsi come la regione con l’acqua del rubinetto più pulita d’Italia. Un risultato che nasce non solo dalla scienza, ma anche da una visione condivisa tra istituzioni, enti di controllo e sanità pubblica. L’approccio, infatti, non si è limitato al controllo tecnico, ma ha incluso anche la trasparenza verso i cittadini, con la creazione di un portale informativo aggiornato e accessibile.

Un elemento emerso in modo chiaro da questo percorso è che l’acqua del rubinetto, quando monitorata correttamente, può essere più sicura di quella in bottiglia. A differenza delle confezioni in plastica, che spesso non subiscono controlli dopo l’imbottigliamento, l’acqua erogata nelle case umbre viene analizzata regolarmente con parametri aggiornati. Questa scelta, come riportato da Libero, ha reso l’Umbria un modello di riferimento per la gestione idrica sostenibile e orientata alla salute pubblica.