Come il cervello genera emozioni persistenti: nuove scoperte da Stanford
Come si generano certe emozioni (canva.com) - www.biomedicalcue.it
Una nuova interessante scoperta a cura della Facoltà di Medicina della Stanford University: come si genera la persistenza.
Un team di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha scoperto che sia gli esseri umani che i topi mostrano schemi di attività cerebrale simili quando affrontano esperienze sensoriali sgradevoli.
La ricerca è stata possibile grazie a pazienti che avevano ricevuto elettrodi intracranici per motivi clinici legati all’epilessia, il che ha permesso ai ricercatori di registrare in modo approfondito l’attività cerebrale durante basilari esperimenti sensoriali.
Durante la loro permanenza, i pazienti hanno acconsentito a partecipare a un esperimento in cui venivano colpiti da soffi d’aria casuali sugli occhi. Ogni soffio innescava un battito di ciglia riflesso, seguito da chiusure o strizzate degli occhi, reazione naturale a uno stimolo scomodo e imprevisto.
Esaminando l’attività cerebrale in tempo reale, i ricercatori hanno rilevato un modello a due fasi: un primo picco di attività di circa 200 millisecondi che indicava il momento in cui veniva generato il soffio nel cervello, seguito da una fase di circa 700 millisecondi concentrata nei circuiti associati alle emozioni.
Effetti e azioni dello studio
Come spiegato nel comunicato stampa, per verificare se lo stesso schema fosse presente anche nei topi, il team ha ripetuto l’esperimento contemporaneamente con gli animali, osservando un analogo modello neuronale in due fasi. Quando venivano somministrati otto soffi in rapida successione, la seconda fase si accumulava, provocando uno stato negativo generalizzato e una minore inclinazione a cercare ricompense, segnale di emozione persistente.
Successivamente, gli scienziati hanno somministrato ketamina, anestetico utilizzato anche in forma ridotta come antidepressivo, noto per generare dissociazione. Spiegano i ricercatori: “I partecipanti che assumono ketamina sono pienamente consapevoli di ciò che percepiscono sensorialmente, ma frequentemente non provano le normali emozioni legate a quegli stimoli, anche se normalmente sarebbero sgradevoli. È come se ciò stesse accadendo a un’altra persona.” Dopo una singola dose di ketamina ai pazienti, gli scienziati hanno notato una notevole riduzione dell’emozione negativa causata dagli soffi d’aria. I partecipanti hanno descritto sensazioni inaspettate: “Il soffio d’aria…era divertente! Era come se sentissi dei piccoli sussurri sui miei occhi”.

Possibili impatti dello studio
Le misurazioni cerebrali hanno dimostrato che la ketamina non modificava il picco iniziale di attività, ma accelerava il ritorno alla normalità della seconda fase, abbreviando la reazione cerebrale come se, secondo la fonte, si stesse rilasciando il pedale del sostegno di un pianoforte. Inoltre, questa riduceva la sincronizzazione complessiva, accorciando l’integrazione informativa per generare emozioni stabili. Spiegano i ricercatori: “Un farmacologico dissociativo può rendere così effimera la fase di stabilizzazione dell’attività cerebrale che le informazioni non possono essere integrate correttamente tra le diverse aree del cervello, comprese quelle necessarie per creare uno stato emotivo.”
Infine, gli studiosi hanno suggerito che modifiche nella durata di questa seconda fase potrebbero chiarire l’origine di problematiche come schizofrenia, depressione, disturbo da stress post-traumatico o autismo, in cui si riscontrano difficoltà nella velocità di elaborazione e nella gestione delle emozioni. Seguiremo gli sviluppi.
