EMERGENZA ALIMENTARE in corso: dovremo presto dire addio ai capperi | Stanno piano piano scomparendo dai supermercati

I capperi (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
Un simbolo della cucina mediterranea sta affrontando una crisi silenziosa che potrebbe farlo sparire dalle tavole di tutti.
C’è un ingrediente che profuma di mare, vento e pietra lavica. Un sapore che non si dimentica, forte e deciso, capace di dare carattere a qualsiasi piatto. Eppure oggi, proprio quel sapore rischia di sparire dalle nostre tavole. Non parliamo di qualcosa di raro o esotico, ma di un’eccellenza che da sempre fa parte della cucina mediterranea. Strano pensare che, nonostante la sua notorietà, sia ora in serio pericolo.
Negli ultimi tempi, si è parlato tanto della crisi che colpisce alcune produzioni locali. Alcuni prodotti, simboli autentici del territorio, sembrano non reggere più il passo, e le ragioni sono tante. Insomma, una tradizione che non riesce più a trovare chi la porti avanti. E se non si interviene in fretta, la situazione rischia di diventare irreversibile.
Tutti conosciamo le sigle come IGP o DOC, che servono a proteggere l’origine di certi prodotti. Ma quando dietro quelle sigle non c’è più nessuno a coltivare, raccogliere, lavorare… beh, la certificazione serve a poco. La qualità da sola non basta. Ed è proprio questo che sta accadendo, in silenzio, quasi senza far rumore.
È incredibile come certe cose, che abbiamo sempre dato per scontate, possano diventare improvvisamente fragili. Certe tradizioni – quelle vere, fatte di gesti ripetuti da secoli – si reggono su equilibri sottili. Basta poco per spezzarli. E quando succede, non si perde solo un prodotto, ma un intero pezzo di cultura.
Una crisi che nessuno si aspettava
Secondo quanto riportato da ‘Ansa’, tramite initalia.virgilio.it, a Pantelleria si sta vivendo una situazione che nessuno si aspettava, o forse sì ma nessuno voleva vedere. I famosi capperi IGP dell’isola sono in pericolo. Non perché manchi la richiesta, ma perché… non c’è più chi li raccoglie. A lanciare l’allarme è stata Emanuela Bonomo, presidente della Cooperativa Capperi di Pantelleria, che ha detto chiaramente: “Se continua così, nei prossimi anni potrebbero sparire del tutto.”
Il problema principale è la manodopera. Il lavoro nei campi, soprattutto durante la raccolta tra giugno e agosto, è duro. Si lavora all’alba, piegati per ore sotto il sole, e il compenso – 13,50 euro al chilo – non basta a convincere molti. Il risultato? Tanti boccioli restano lì, attaccati alla pianta, e una parte del raccolto va persa. Con gravi conseguenze per le aziende agricole dell’isola, che già faticano a tenere in piedi l’attività.
Il cappero che rischia di diventare un ricordo
I numeri parlano chiaro. Nel 2022 erano state raccolte oltre 61 tonnellate di capperi certificati. L’anno dopo, però, si è scesi bruscamente a 40.812 tonnellate. Una ripresa parziale c’è stata nel 2024, con 47.550 tonnellate, ma la distanza rispetto agli anni migliori resta abissale. E la tendenza, purtroppo, non è incoraggiante.
Secondo Bonomo, la crisi non è solo produttiva, ma anche culturale. Il cappero di Pantelleria non è un prodotto qualsiasi: cresce tra i muretti a secco, patrimonio UNESCO, ed è da sempre parte integrante dell’identità dell’isola. Se non si trovano nuovi raccoglitori, sparirà anche tutto ciò che ruota intorno a questo piccolo bocciolo. E con lui, un’intera economia locale costruita su lavoro, fatica e passione rischia di sgretolarsi.