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“Lo sanno da 4 mesi”: il Ministero della Salute si sta preparando allo scoppio della guerra | Ospedali e medici già allertati

Fasciatura a un militare (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it

Fasciatura a un militare (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it

Tra ministeri e ospedali si prepara un piano silenzioso, mentre l’Europa teme scenari di crisi mai davvero nominati.

Negli ultimi tempi, si nota un certo fermento attorno alla sanità europea. Non tanto nei comunicati ufficiali, quanto nei dettagli che emergono qua e là: riunioni riservate, circolari interne, documenti che non fanno rumore. Si parla di riorganizzazione, di “resilienza” – parola ormai diventata passepartout – ma la sensazione è che sotto ci sia qualcosa di più. Gli ospedali vengono osservati con occhi diversi, quasi come se dovessero servire a uno scopo che va oltre la normale assistenza ai pazienti.

Il fatto curioso è che più Paesi sembrano muoversi nella stessa direzione, e non è un caso. Francia, Germania… e ora anche l’Italia. Tutti impegnati a rinforzare i sistemi ospedalieri, a definire ruoli precisi tra sanità civile e apparato militare. Un coordinamento che sembra pianificato a tavolino, anche se nessuno lo dice apertamente. Non si parla di guerra, certo, ma neanche più solo di epidemie. E comunque, ormai, il confine tra le due cose pare assottigliarsi ogni giorno di più.

Quello che colpisce davvero è il cambio di tono rispetto al passato. Durante il Covid, tante cose sono state fatte in corsa, con mille inciampi. Ora invece si lavora prima, in silenzio, senza riflettori. Si analizzano scenari ipotetici, si ipotizzano flussi di feriti, si simulano picchi di ricoveri. Ma non si parla di virus. Si ragiona su ferite da trauma, esplosioni, amputazioni. È evidente che la prospettiva è diversa, anche se nessuno la chiama col suo nome.

Nel frattempo, i ministeri si parlano. Salute, Difesa, Palazzo Chigi. Si aprono tavoli, si stendono piani, si stabiliscono protocolli. C’è la sensazione netta che ci si stia preparando a qualcosa, anche se ancora non si può dire cosa. Oppure – più probabilmente – non si vuole dirlo. Eppure, basta leggere tra le righe per capire che questa è tutt’altro che una normale attività di programmazione.

Una sanità che guarda oltre le emergenze ordinarie

Il Sole 24 Ore ha svelato qualche dettaglio, come riporta anche Sky TG24: in Italia, il Ministero della Salute ha messo in piedi – già da aprile – un “Tavolo permanente in materia di resilienza di soggetti critici”. Nome lungo, sì, ma dentro c’è parecchia sostanza. Si tratta di un gruppo ristretto, dieci persone, che ha cominciato a incontrarsi per definire strategie di risposta in caso di eventi eccezionali. E per “eccezionali” si intende anche il peggio: eventi CRBN – cioè chimici, radiologici, biologici e nucleari – oppure situazioni che coinvolgano direttamente l’Italia in dinamiche da Patto Atlantico. Articolo 3. O peggio, il 5.

Insomma, il quadro è molto più ampio di quanto sembri. Non si parla più solo di gestione delle emergenze sanitarie classiche, ma di una rete strutturata che coinvolga tutti gli attori, civili e militari. L’idea è quella di una risposta coordinata, veloce, pronta. E non è un esercizio teorico: le prime mosse sono già partite, si stanno definendo ruoli e responsabilità operative. Il lavoro è silenzioso, ma avanza.

Corsia d'ospedale (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
Corsia d’ospedale (Depositphotos foto) – www.biomedicalcue.it

Ospedali, truppe e uno scenario che non è solo ipotesi

E poi arriva il punto chiave, quello che – se non lo si legge con attenzione – rischia di sfuggire. Il concetto di “host nation support”, ovvero il supporto che un Paese fornisce alle forze alleate sul proprio territorio. Si ipotizza uno scenario a tre fasi: accoglienza delle truppe, spostamenti interni, poi – ed è qui che viene il nodo – il ritorno di feriti dal fronte. Non è più solo teoria. Il quotidiano economico spiega che la Nato richiede requisiti sanitari specifici, e l’Italia sarebbe già in grado di garantirli.

Parole importanti arrivano anche da chi conosce bene queste dinamiche. Walter Ricciardi – sì, quello dell’Istituto superiore di sanità – parla apertamente di “situazione prebellica”. E aggiunge che nel nostro Paese manca ancora consapevolezza. Ranieri Guerra, ex Oms, va dritto al punto: in caso di coinvolgimento nel conflitto, bisognerà pensare subito a letti di traumatologia e posti in terapia intensiva. Nel frattempo, tra Protezione Civile e Ministeri, la macchina si sta già muovendo. Senza clamore, ma con passo deciso.