Operato in un locale di reggaeton: la storia di Jovanotti | Prima l’incidente poi il batterio entrato nel suo corpo: un calvario terribile
Jovanotti (NOVE - youtube screenshot) - www.biomedicalcue.it
Due anni dopo l’incidente, Jovanotti apre il cuore ai suoi fan e racconta tutto in un post pieno di verità e dolore.
Ci sono momenti in cui il dolore arriva in ritardo. Quando succede qualcosa di serio, il corpo reagisce in modo strano: ti anestetizza, ti confonde. All’inizio magari non senti niente, sembra quasi tutto normale, poi all’improvviso ti crolla addosso la realtà, e lì inizia tutto. Sono esperienze che, una volta vissute, non te le scordi più. Ti cambiano. Ti rimangono addosso come cicatrici invisibili.
Il punto è che non è solo una questione fisica. Il vero colpo arriva dopo, nei giorni in cui ti rendi conto che non puoi più fare le cose come prima. Quando il tuo corpo, quello che hai sempre dato per scontato, diventa qualcosa da ricostruire. C’è chi si ferma, chi si chiude, e poi c’è chi prova a rimettersi in piedi, letteralmente. Ma non è per niente facile, anzi… richiede un’enorme dose di forza mentale.
Passano i giorni, i mesi, e tu continui lì, a fare sempre gli stessi movimenti, la stessa fisioterapia, le stesse domande. Ogni piccolo miglioramento sembra una vittoria enorme, ma a volte basta poco per sentirti di nuovo indietro. E quella fatica, quella pazienza infinita, te la devi guadagnare da solo. Nessuno la vede, ma è lì che si gioca tutto. Devi tenere la testa dritta, anche quando il corpo traballa.
Poi c’è chi riesce a trasformare questa fatica in qualcos’altro. Qualcosa che va oltre la guarigione. Una specie di rinascita, che non è mai uguale a com’eri prima. È come se trovassi un nuovo modo di stare al mondo. Magari ci metti dentro la musica, i sogni, nuovi obiettivi. E da lì, piano piano, torni a raccontare la tua storia.
Una pedalata che cambia tutto
Jovanotti ha scelto Facebook per parlarne, due anni dopo, come riporta anche TGcom24. Ha scritto un post lunghissimo, di quelli che si leggono tutto d’un fiato. Racconta che il 15 luglio di due anni fa si trovava in Repubblica Dominicana, in vacanza. Si era portato dietro la bici – una gravel – perché, parole sue, “ombrellone e lettino non fanno per me”. Quella mattina aveva deciso di attraversare l’isola da solo, su due ruote, per raggiungere una spiaggia dall’altra parte.
Ma non ci è mai arrivato. In mezzo a una piantagione di canna da zucchero, l’asfalto nuovo nascondeva un dissuasore. Invisibile. Messo lì, pare, da un fruttivendolo per far rallentare le macchine. Jovanotti lo ha preso in pieno, è volato a terra. E lì è iniziato il caos. All’inizio sembrava tutto sotto controllo, tanto che è riuscito pure a registrare un video con il cellulare. Ma poi ha visto che il piede era girato male, e la clavicola gli usciva dalla pelle. La botta vera doveva ancora arrivare.
Una sala operatoria surreale e la sfida quotidiana
Ed è lì che tutto ha preso una piega complicata. Lo hanno operato d’urgenza, ma – e qui le parole sue sono durissime – la sala operatoria sembrava più un locale di reggaeton che un ospedale serio. L’intervento non è andato bene. E peggio ancora: durante l’operazione, nel femore già massacrato, è entrato un batterio. Una roba che, da lì in poi, ha reso tutto molto più difficile.
Dopo mesi di fisioterapia, a forza di ginnastica e ostinazione, è tornato in Italia e si è dovuto sottoporre a un’altra operazione, stavolta di 8 ore. “Ginnastica, ginnastica, ginnastica”, scrive. Ma anche voglia di tornare sul palco, e in bici, e a camminare senza stampelle. Il dolore non se n’è mai andato, è ancora lì con lui ogni giorno. Ma lo vive come un compagno. “Ci alleniamo insieme”, dice. E quest’estate, al No Borders Festival del 26 luglio, ci sarà anche lui – Jovanotti – che proverà a raggiungere il palco in bici, partendo da casa. 770 chilometri, uno per ogni giorno vissuto dopo quella caduta.