Topi con due padri biologici generano prole prima prova di androgenesi mammifera
Illustrazione di alcuni topolini piccoli (Canva FOTO) - biomedicalcue.it
Questa notizia è incredibile, ed ha come protagonisti due padri, due topi, che sono riusciti a generare assieme nuova prole.
Una notizia che sembra uscita da un romanzo di fantascienza, che a tratti ricorda il film Junior, con protagonisti Danny DeVito e Schwarzenegger: due papà topi hanno avuto dei figli. Senza madre. È accaduto in un laboratorio in Cina, dove un gruppo di ricercatori è riuscito a far nascere topolini sani partendo solo da materiale genetico maschile.
Questa tecnica si chiama androgenesi, cioè la riproduzione avviene usando esclusivamente DNA maschile. Già in passato si era riusciti ad arrivare alla nascita di embrioni androgenetici, ma c’era sempre un problema: i piccoli nati da due padri erano sterili, incapaci di riprodursi. Questa volta invece, i ricercatori hanno fatto un passo avanti: i topolini nati hanno anche avuto una loro discendenza.
Il segreto? Un lavoro certosino su alcuni interruttori genetici, chiamati ICR (Imprinting Control Regions), che regolano l’attivazione dei geni ereditati. In natura, questi interruttori si bilanciano grazie alla combinazione di DNA paterno e materno. Ma quando manca uno dei due, come in questo caso, tutto va in tilt… a meno di riuscire a riscrivere quei comandi.
E qui entra in gioco l’ingegneria genetica. Il team guidato dalla Shanghai Jiao Tong University ha ritoccato con precisione chirurgica sette di questi ICR, riuscendo ad aggirare il blocco naturale. Il risultato? Pochi esemplari, è vero, ma vivi, fertili e capaci di dare vita a una nuova generazione. Tutti i dati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.
Un esperimento che rompe gli schemi
Il procedimento messo in atto dai ricercatori è stato piuttosto complesso. Sono partiti con due spermatozoi di topi maschi, iniettati in ovociti privati del nucleo, cioè della parte dove risiede il DNA femminile. Il tutto è stato poi sottoposto a un intervento mirato su sette specifiche regioni ICR, le stesse che, se non corrette, possono causare il fallimento dello sviluppo embrionale. È come aver riscritto alcune righe di codice difettoso prima di avviare il programma.
Una volta pronti, questi embrioni sono stati impiantati nell’utero di femmine surrogate. Su 259 blastocisti, solo tre sono arrivate alla nascita e soltanto due sono sopravvissute fino all’età adulta. Ma il dato più importante è che entrambe sono riuscite a riprodursi normalmente. Non è poco, considerando che fino a qualche mese fa era considerato impossibile. Come dire: il numero è ridotto, ma il segnale è fortissimo.
Una situazione difficile, ma non impossibile
Rendere possibile l’androgenesi è, almeno per ora, molto più complicato rispetto alla partenogenesi, ovvero la riproduzione da due madri. In quel caso, le modifiche da fare al DNA sono meno numerose e più semplici. Qui invece, ogni piccolo errore rischia di compromettere tutto. Il fatto che il team cinese sia riuscito a superare anche questa barriera rende il risultato ancora più straordinario.
Ovviamente, non si parla affatto di applicazioni umane a breve termine. I rischi, le complicazioni e le implicazioni etiche sono enormi. Ma questo tipo di ricerche potrebbe aiutare, in prospettiva, a migliorare i trattamenti per l’infertilità o a comprendere meglio le malattie genetiche.